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L'INCONTRO SI E' TENUTO SABATO SCORSO NELL'ORATORIO
Una serata semplice in cui vivere un momento pensando al continente africano, ascoltando l’immaginario, la retorica e le testimonianze di chi l’ha vissuta in prima persona
Nella foto di home page: la copertina del libro di Don Federico Tartaglia - Nella foto interna: Don Federico Tartaglia insieme al parroco di Fiano Romano Don Paolo Quatrini al termine della presentazione (Foto di Manuela Tranquilli)
FIANO ROMANO - Un sacerdote vivace, colorito, dalla personalità prorompente. Un sacerdote che riesce a farti emozionare con i suoi racconti nonostante lo faccia in maniera semplice e con leggerezza. Un sacerdote fuori dalla norma che con le sue storie ti fa rendere conto di quanto alle volte sia comune e scontata la nostra esistenza rispetto alle popolazioni africane che, pur avendo pochissimo, affronta la propria vita col sorriso sulle labbra. Un sacerdote che parla di religione senza che gli interlocutori se ne rendano conto. Un sacerdote che è come un fiume in piena, difficile da arginare. Questo è Don Federico Tartaglia e queste sono le emozioni ed i pensieri che ha suscitato in coloro che lo scorso sabato hanno assistito alla presentazione del suo libro "Malawian Gallery", una raccolta di racconti e storie vissute nei suoi nove anni da missionario in Malawi. "La scelta del mese di ottobre per presentare il suo libro non è stata fatta a caso - esordisce Don Paolo Quatrini - infatti ottobre segna l'inizio dell'anno pastorale, si festeggia Sant'Eurosia patrona, insieme a Santo Stefano Protomartire, del nostro comune ed infine è il mese missionario quindi quale momento migliore per far conoscere l'opera della chiesa nella realtà dell'Africa?".
PARLA DON FEDERICO TARTAGLIA. "Ce la faremo mai a fare pace con l'Africa? - così esordisce Don Federico Tartaglia, parroco di Cesano, missionario per 9 anni in Malawi - l'Africa è entrata molte volte nella nostra vita ma non l'abbiamo compreso. L'incontro con l'Africa è emozionante ma non lo capiamo, lo giudichiamo soltanto. Se lo vivi sul serio è un incontro sconvolgente ed ogni volta è una battaglia per ogni missionario ed è l'unico luogo che suscita emozioni contrarie fra loro: meraviglia, imbarazzo, amarezza, tutto insieme. Ho litigato con l'Africa e con gli africani tutti i giorni, in 9 anni ho vissuto un escalation di sentimenti, dalla rabbia alla solitudine, dal pianto alla tristezza, cosa che qui non è possibile. Si vive uno scontro con la storia, tra passato, presente e futuro più grande di noi ed è per questo che ognuno si astiene dal fare questo percorso. Questa è la strada maestra da cui tutto è iniziato e se non comprendiamo questo è come non comprendere una parte di noi stessi. La nostra storia infinitamente straordinaria ci fa definire l'Africa "selvaggia" . Ciò che ci unisce e ci allontana allo stesso tempo è questa lotta nel giudicare. La qualità della vita si vede dalla qualità delle emozioni e l'Africa è ricca di emozioni, ti emoziona anche un semplice tramonto. Secondo voi, noi con il nostro modo di vivere siamo il fine dell'evoluzionismo sociale? Secondo me no! ".
LE DOMANDE DEI PARTECIPANTI.
Ha scelto Lei di andare in Africa?
"Si, ho scelto io di andare in Africa ma non avevo idea di quale regione scegliere. Ha scelto per me un Monsignore che mi disse: "Andrai in Malawi perché il Malawi è l'Africa vera". Arrivai lì il 2 dicembre 2000 e trovai sul posto 10 malawiani e il bianco più vicino era a 100 kilometri. L'Africa mi è stata letteralmente "sbattuta in faccia" per questo c'è bisogno d'incoscienza per andarci. Ma da questa irrinunciabile esperienza è nata una storia missionaria. L'Africa ti apre, ti dona un equilibrio particolare, un'ampiezza notevole. Questo libro è nato negli ultimi anni ed è un modo per ricordare e per far conoscere".
Come si coniuga la bellezza delle emozioni col problema drammatico dei bambini che muoiono?
"Parlare dell'Africa con l'occhio di un missionario non fa parte della mia storia, del mio percorso. Non mi piace offrire risposte ma domande. Una delle ragioni del famoso "mal d'Africa" è il male che incontri. L'Africa ci pone sempre in bilico, ogni aspetto della vita ci richiede una presa di posizione che necessita di tempo. I numeri ti travolgono".
Quando ci dice che si è dovuto difendere dall'Africa, in che senso lo intende?
"Il Confronto con l'Occidente è costante e avviene quotidianamente ed è da questo che ci si deve difendere".
Nella difesa però non c'è il desidero di mantenere la propria mentalità? $
"Ogni cosa ha il suo ruolo, il suo ordine. Anche lì tutto torna. Il tuo modo, il loro modo per ogni singola cosa. In questo scambio culturale tutti danno e ricevono qualcosa".
La nostra presenza qui già dimostra la nostra volontà di voler far pace con l'Africa. Ma Lei perché è andato in Africa?
"Ogni uomo ha bisogno di una biografia. Quando si vive non si ha la percezione della biografia del tempo presente, questo avviene dopo. Oltre alle nostre scelte più o meno importanti, c'è anche tanta casualità. Nel mio caso è dipeso dal tipo di fede e dal tipo di pensiero. Sarà che sono cresciuto in una famiglia serena, priva di pensieri. Sarà che la mia diocesi era una diocesi tranquilla, sta di fatto che mi sentivo stretto lì e avvertivo la necessità, il bisogno di fare qualcosa di forte. Il mio carattere, la mia incoscienza me li ha dati il Vangelo. Leggendo il Vangelo ho imparato che la nostra religione non ci dà tutte le risposte. Quello che è importante è avere la forza e il coraggio di decidere e di farlo nella maniera più disinteressata possibile. Poi arriva il tempo dell'amarezza però hai fatto una scelta. Mentre ero lì mi hanno sorretto il Vangelo e la nudità di Cristo che mi ha piantato in quella realtà per avere pazienza. Alla fine sono tornato perché non ho avuto la forza di dire "questa è casa mia". Ma c'è un tempo per andare e uno per tornare. Le condizioni cambiano ma non deve cambiare il confronto col Vangelo. Dobbiamo abbattere il muro tra noi e Lui. Non dobbiamo difenderci da Esso ma usarLo per decidere, sfruttare la Sua capacità decisionale".
INTERVIENE DON HERMAN. "Per relazionarci con l'Africa non dobbiamo necessariamente andarci - esordisce così Don Herman, un giovane sacerdote africano che studia in Italia da 3 anni - Dobbiamo andare oltre quello che vediamo e ascoltiamo in televisione. L'Africa deve risiedere nel nostro fare e nel nostro dire di tutti i giorni. L' Africa è una foresta, una savana, una bellezza incredibile e dobbiamo aiutarla a risplendere. Nella diversità con l'Occidente ognuno di noi può ritrovarcisi".
L'APPELLO DI DON FEDERICO TARTAGLIA. "Non dobbiamo andare in chiesa solo per manifestare il nostro culto ma dobbiamo "respirare" la nostra parrocchia - ha detto Don Tartaglia durante la presentazione - Dobbiamo sensibilizzare. Dobbiamo coltivare lo stile missionario".
PARLA DON PAOLO QUATRINI. "Quando mi sono recato in Malawi dove operava Don Federico, al quale sono legato da grande amicizia e affetto, la suggestione più grande è stata vedere la forza della vita in tutte le sue contraddizioni - ha detto il parroco del paese Don Paolo a conclusione dell'iniziativa - Ho riscoperto la forza della vita che risiede nell'essenzialità. La prima volta che mi sono recato in Africa l'ho fatto in un momento molto particolare della mia vita: avevo da poco perso mio fratello e andando lì ho attinto ad una forza che ho potuto toccare con mano. L'esperienza dell'Africa va vissuta per riscoprire tante cose che abbiamo perso. Stai nell'essenziale, nudo con te stesso".
dell'inviata Manuela Tranquilli
Fiano Romano - 11 Ottobre 2011
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