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L'AVVOCATO RISPONDE
Ennesima condanna della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in materia di diritto di famiglia
Nei giorni scorsi, l’Italia ha subito l’ennesima condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, questa volta in materia di diritto di famiglia.
L’ormai nota sentenza Lombardo (ricorso n. 25704/11) ha sancito dei principi che, in teoria, dovevano essere scontati, specie in quella che viene definita la culla del diritto: ma, in quella culla, il diritto pare poi esservisi addormentato. Concetti, quelli espressi dalla Corte, che pesano come macigni sulla nostra giurisprudenza, troppo spesso legata a vecchi stereotipi normativi, e su apparati della nostra pubblica amministrazione (alias, Servizi Sociali) che costituiscono un altro punctum dolens della nostra quotidianità.
Ad avviso dei giudici europei, gli Stati devono mettere in atto tutte le misure idonee a consentire un'attuazione effettiva del diritto alla vita familiare, tenendo conto dell'interesse superiore del minore; che, d’altro canto, deve essere garantito anche in base alla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo.
Nelle questioni di diritto di famiglia, poi, l’adeguatezza delle misure adottate dalle autorità si misura in base alla rapidità di esecuzione delle decisioni giudiziarie; misure che devono essere scelte e modulate secondo le caratteristiche del caso di specie, e non, invece, in maniera automatica e, come si diceva più sopra, stereotipata.
Diversamente, il rapporto genitoriale, che dovrebbe essere costantemente alimentato, rischia di venire definitivamente compromesso.
E, tra le righe, la bocciatura implicita della forte litigiosità dei coniugi quale motivo di affidamento esclusivo (o prevalente) ad uno di essi (quasi sempre la madre), troppo spesso adottato dalla nostra Corte di Cassazione (“91. La Corte riconosce che le autorità in questo caso sono state di fronte a una situazione molto difficile, a causa delle tensioni tra i genitori del bambino. Tuttavia, la mancanza di cooperazione tra i genitori separati non è sufficiente ad impedirei alle autorità competenti di attuare tutti i mezzi possibili per consentire il mantenimento dei legami familiari..”).
Ci voleva la condanna europea per esplicitare concetti che, come si accennava più sopra, dovrebbero essere naturali?
Pare di sì, ma d‘altronde è lo specchio della nostra realtà, nella quale, nonostante le condanne, nessuno paga. O meglio, pagano solo i più deboli.
D’altronde, il passato Governo, sia quello legittimamente eletto, sia quello succedutogli, non è stato capace di fare riforme vere e concrete nel campo della giustizia e del diritto di famiglia, per fermarci a questi settori.
Nel primo, non si è fatto nulla in merito alla responsabilità diretta dei magistrati, così come sulla lungaggine dei processi e sul numero impressionante di prescrizioni (inquietante è la proposta di alcuni magistrati che, ora candidatisi in politica, offrono come soluzione quella di allungare i tempi –prescrizionali, appunto-, piuttosto che incentivare la rapidità degli stessi), né, tantomeno, sulla separazione delle carriere. O, last but not least, sul problema, vergognoso, del sovraffollamento carcerario.
Nel secondo, se si eccettua l’importante equiparazione dei figli naturali a quelli legittimi, non si è completato l’iter parlamentare del c.d. affido condiviso bis che, si badi, doveva intervenire, a sua volta, a correggere delle applicazioni giurisprudenziali totalmente divergenti dal dettato legislativo in materia, licenziato dalle Camere nel 2006 (Legge n.54).
Eppure, ed è questo un ulteriore tassello (qualora ve ne fosse stato bisogno) che dovrebbe spingere ad una definitiva applicazione del principio della bi-genitorialità e ad una ferma condanna dei relativi detrattori, anche la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale si è schierata a favore dell’affido condiviso (nel senso vero, materiale, della parola) e/o alternato, come è emerso anche durante i lavori del Convegno tenutosi il 5 febbraio scorso presso il Senato della Repubblica, al quale, tra l’altro, sono intervenuti importanti esponenti come la Dott.ssa Alessandra Gallone (Senatrice e relatrice del DDL 957) ed il Dott. Vittorio Vizzetti (pediatra che da anni studia il tema dell’affido condiviso ed autore, tra l’altro, del libro sulla giustizia minorile “Nel nome dei figli”, nel quale ha esaminato, raccolto, riassunto e integrato le più importanti ricerche scientifiche internazionali con validazione statistica relative all’importanza dell’affidamento condiviso, e Responsabile medico-scientifico dell’Anfi – Associazione Nazionale Familiaristi Italiani). “La custodia condivisa migliora lo status psichico e fisico dei figli - ha sottolineato il Dottor Piercarlo Salari, Pediatra Consultorio Familiare Milano e Componente Sipps - come dimostrano i risultati congiunti di numerose e affidabili ricerche scientifiche, il coinvolgimento di entrambi i genitori nella crescita del figlio migliora lo sviluppo cognitivo, riduce i problemi di carattere psicologico, riduce l’insorgenza di problemi comportamentali nell’età adolescenziale”.
E ciò dopo che, come già detto altrove, anche il Collegio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi si era espresso in tal senso.
Speriamo che, con un nuovo Governo alle porte, la politica metta davvero fine a questi scempi che, oltre ad annichilire principi giuridici universalmente riconosciuti nella società occidentale, offendono la dignità delle persone e compromettono seriamente il futuro dei bambini.
Avv. Marco Valerio Verni
- 16 Febbraio 2013
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