stampa | chiudi

L'AVVOCATO RISPONDE

Il Decreto Legislativo sulla Filiazione: un colpo di mano contro l’affido condiviso

Un duro colpo con il beneplacito di Letta e Napolitano

Si è consumato nei giorni scorsi, ad opera del Governo Letta, un colpo di mano contro il c.d. affido condiviso che, invece di veleggiare verso una applicazione più concreta nei fatti ed ancor più equilibrata nel dato normativo, è stato -o così rischia di essere- affossato dal recente Decreto Legislativo sulla Filiazione (varato lo scorso 13 Dicembre).
Tale decreto, infatti, che nelle intenzioni della delega parlamentare doveva servire a mettere ordine nella delicata questione della filiazione (sulla scorta della L. 219/2012), ha, nella realtà, finito con l’affermare una prassi giurisprudenziale che, in contrasto con il dettato legislativo del 2006 (Legge n. 54) non ha mai permesso l’affermarsi, nella quotidianità delle separazioni genitoriali, dell’affido condiviso.
Infatti, le cronache dai tribunali hanno molto spesso riferito di “artifici” concettuali, operate da una parte (purtroppo prevalente) del mondo forense (della magistratura in particolare), quali, ad esempio, quelli di  “genitore collocatario” (quasi sempre la madre) e di “assegno di mantenimento”, piuttosto che garantire, almeno di fatto, una “doppia residenza” ai figli o il c.d. mantenimento diretto.
Dal 2006, sostanzialmente, dietro la cornice di “affidamento condiviso”, si sono, in buona sostanza, continuati ad applicare, nomen iuris a parte, istituti che appartenevano alla preistoria giuridica, non solo a livello italiano ma anche internazionale.
Proprio per questo, a livello parlamentare, si era più volte pensato di tornare sul tema, anche al fine di rendere più “applicato” l’affido condiviso (si pensi, ad esempio, al Disegno di Legge 1163, presentato proprio a Dicembre scorso dal Senatore Sergio Divina, della Lega Nord), eppure, in barba all’ampia discussione che un siffatto argomento avrebbe meritato, la Commissione Giustizia, incaricata della materia, ha dato un duro colpo all’affido condiviso, facendo tornare il nostro Paese indietro nel tempo di parecchi anni: il decreto, infatti, interviene in modo pesante sull'affidamento condiviso dei figli introducendo il concetto di “residenza abituale” attraverso l'art. 316 (Responsabilità genitoriale) e l’art.. 337-ter (Provvedimenti riguardo ai figli): in sostanza, se prima la residenza prevalente era una prassi arbitraria (in quanto non prevista dal dato normativo), ora è imposta dalla legge.
Dalle ceneri della 54/06 rinasce, dunque, il genitore dominante (esattamente ciò che il Legislatore intendeva eliminare) e viene restaurato il genitore prevalente nei confronti dei figli, venendo, così, incentivata  la lite per contendersi una posizione privilegiata….con buona pace della mediazione.
Nello specifico, al comma 3 dell'art. 337 ter viene previsto che "Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo ... In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice".
Ciò in aperto contrasto con la “ratio” dell’affido condiviso e con la L. 54/06: anche perché, verrebbe da dire, quali coppie si separano rimanendo d’accordo sulle decisioni riguardanti i figli? E’ immaginabile che un padre possa ottenere, d’accordo con la madre, che il figlio abbia la residenza abituale presso di lui? Poco probabile.
Ed in caso di “disaccordo”, è tanto difficile immaginare a chi il giudice andrebbe ad affidare, di fatto, il figlio? Non credo sia necessario rispondere.
Una stortura, dunque, che stride con il panorama internazionale, (in Francia, tanto per rimanere vicino a noi, è stata approvata dal Senato l’introduzione della “doppia residenza” per i figli di genitori separati) e con il sentire ormai diffuso della società (in alcuni casi ostaggio, forse, di una frangia estremista legata a vecchi stereotipi e di alcune caste che, probabilmente, non avrebbero più tanto guadagno da una corretta applicazione dell’affido condiviso).
Il risultato di tutto ciò? Parafrasando le parole del professor Marino Maglietta (tratte dal Sole 24 Ore-Guida al Diritto- del 3 Gennaio 2014): “Una spoliazione delle prerogative del Parlamento, rappresentante diretto della volontà popolare, un aumento del potere discrezionale della magistratura, un incremento dei motivi di conflittualità, una riduzione dei diritti dei minori”.
Non tutto è perduto, certo: ma occorre reagire, e subito. O, a farne le spese, saranno soprattutto loro: i figli.

avvocato Marco Valerio Verni

04 Gennaio 2014

stampa | chiudi