Cari amici,
nell'articolo precedente abbiamo parlato di quando e come abbiamo percepito l'amore per la prima volta. Questa volta vorrei soffermarmi sulla percezione di essere amato. Il bambino percepisce di essere amato dalle prime esperienze fatte o meglio dai primi traguardi raggiunti. Vede che i genitori sono contenti quando mangia tutto, che lo prendono in braccio quando piange, che esultano quando inizia a fare i primi passi, un vero boato quando non ha più bisogno del pannolino.
Tutte queste esperienze sono sintetizzate in una sola: sono amato.
Sono amato perché sono il bambino dei miei genitori. Sono amato perché sono indifeso. Sono amato perché sono bello e bravo. Ecco fin dai primi momenti, il bambino percepisce che è amato per ciò che è, poi man mano percepisce che è amato per ciò che fa. Quindi lui passa dalla percezione (i primi mesi) dell'essere amato senza fare niente per meritare questo amore, all'essere amato perché fa qualcosa.
Questa nuova esperienza non è negativa in sè, se oltre al fatto di percepire di essere amato perché fa, non perde la realtà di essere amato perché è, perché esiste.
Il fattore decisivo è proprio questa percezione: se il bambino prende la consapevolezza di essere amato gratuitamente senza meriti, l'amore, lo percepisce come una benedizione, come segno di pace. Se invece non ha questa percezione, allora l'amore viene sentito come croce, come una frustrazione, come una meta da raggiungere, da perseguire con ostinazione.
La percezione è fondamentale perché da essa scatta l'azione...mi spiego meglio.
Da come il bambino percepisce l'amore, automaticamente allo stesso modo, lo donerà. Nella misura in cui il bambino sente di riceverlo in modo gratuito, lo donerà allo stesso modo. Se lo percepisce come possessione, automaticamente lo cercherà in questa forma, per sentirsi più sicuro, e sarà a sua volta possessivo. L'amore "in vista di", come dicevo, non è negativo in sé, perché nasce dal desiderio di ricambiare l'amore che è dato mediante la propria vita, ma è negativo quando diventa una gara di gratificazione, è negativo quando diventa possessione perché non lascia libero. Il bambino sente l'impulso di ricambiare sia l'amore ricevuto con la gratificazione, che la ricerca della possessione che pian piano dovrebbe sfumare, fino al punto di scomparire. Questi atteggiamenti, il bimbo non li ha perché ama l'altro, ma perché nei primi anni di vita non percepisce più l'amore gratuito e non sente più la protezione che aveva prima. Inconsciamente il piccolo, ricorda i suoi primi traguardi, com'era amato quando ha mostrato che sapeva camminare, che riusciva a mangiare da solo, di com'era amato quando faceva tutto quello che dicevano i genitori e automaticamente si impegna in altri traguardi per non deluderli: la scuola, lo sport, il comportamento, tutto in funzione dell'amore.
Il bambino mentre cresce, percepisce che l'amore è gratificante, perché sentirsi amato, fa stare bene. Automaticamente quindi sentirà che l'amore è in funzione di lui, e non lui in funzione dell'amore. Quanto più sarà bravo, quanto più sarà buono, quanto più esaudirà i desideri dell'altro, lui sarà amato. Tutto il suo essere quindi vivrà in funzione dell'amore per se stesso, non per gli altri. Se per esempio sentirà che ai suoi genitori sta a cuore lo studio s'impegnerà in quel campo; non studierà in funzione dell'importanza dello studio, ma in quella di soddisfare i propri genitori. Se pur impegnandosi vedrà che i risultati non sono soddisfacenti per loro, cercherà di capire altre loro attese su di lui.
Iniziano così le prime esperienze vere, i primi traguardi da inseguire, anche se in realtà il traguardo è sempre il solito, sentirsi amato. Il bambino già dalle prime esperienze scolastiche capisce che i primi traguardi erano abbordabili...scopre, infatti, che tutti i bimbi hanno imparato a mangiare, a camminare, a parlare, scopre che non era difficile sentirsi amato per il raggiungimento di quei traguardi, e non era difficile nemmeno amarlo.
Da quel momento si presentano i primi ostacoli: i traguardi che non tutti sanno realizzare, i traguardi che possono aumentare o diminuire l'amore che i genitori nutrono per lui. Se il bambino non ha la percezione di essere amato perché è, i successi ottenuti li vedrà come delle cose banali e le sconfitte come vere e proprie catastrofi. La catastrofe aumenta se in questo periodo, quello di ricercare un motivo per cui essere amato e non "solo" perché è figlio, nel momento dei primi fallimenti, arriva un secondo figlio. Ecco che automaticamente nasce la percezione che è arrivato l'altro, perché lui è un fallimento, perché non è quello che i genitori si aspettavano! Non necessariamente si scaglierà contro il nuovo arrivato, anche se le storie di Caino e Abele (il Signore gradì Abele... ma Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto) e del figliol prodigo (per lui hai ammazzato il vitello grasso), insegnano...ma la prima persona con cui si scaglierà sarà se stesso. Da quel momento la sua vita diventerà una gara, una partita contro gli altri...e si capisce anche il perchè: perché gli altri con la loro bravura o bellezza o intelligenza evidenziano il suo fallimento. Sarà una gara a cercare di soddisfare i bisogni del prossimo, proprio come faceva quando era più piccolo. Il bambino, più riuscirà a soddisfare i bisogni e le attese degli altri, più avrà la percezione di sentirsi amato. Lui quindi assumerà la consapevolezza che, non solo i bisogni del prossimo sono più importanti dei suoi, ma realizzando i loro bisogni attuerà anche i suoi, in un certo senso...i bisogni dell'altro diventeranno i suoi. Se poi non riesce a esaudire in niente i bisogni dell'altro, farà una cosa, che da bambino non poteva fare perché gli altri erano solo i suoi genitori. Ora di altri, ce ne sono tanti. Cercherà di cambiare l'altro, e automaticamente farà l'esperienza che l'altro è in funzione di se stesso. Il bambino non andrà incontro ai bisogni del prossimo per un amore altruista ma egoista, realizzerà, cioè, i desideri e bisogni dell'altro perché così facendo potrà sentirsi amato. Il fine in sostanza è l'io, il proprio ego. Il bambino che vive queste problematiche passa da un amore infantile (sono amato perché indifeso perché sono piccolo, malato o bravo) a un amore immaturo (ti amo perché ho bisogno di te).
La persona che non ha percepito l'amore gratuito, metterà in funzione entrambi i tipi di amore, sempre per sentirsi amato. Se non riuscirà a dare soddisfazioni all'altro, cercherà di gratificarlo; se non riesce nemmeno così, ci proverà facendosi bisognoso di affetto, di cura, stando alle sue dipendenze, facendogli capire che è importante, ma in realtà l'importante è solamente lui stesso. Ecco che non percependo di essere amato, automaticamente si ritiene una persona non amabile. Questa persona si sentirà amabile nella misura in cui l'altro la ama. In alcuni casi la persona riesce ad amare gli altri nella misura e nel modo in cui si sente amata. Se non si sente amata, gli altri saranno tutti "cattivi", poco comprensivi, che non sanno amare.
L'amore genuino, come abbiamo visto la volta precedente, implica cure, rispetto, responsabilità e comprensione, tutti fattori che se non si hanno per se stessi non si avranno nemmeno per gli altri. Se una persona quindi riesce a vedersi com'è realmente, con i suoi pregi e i suoi difetti, se riesce a riconciliarsi con le sue ferite, fossero anche la mancanza di percezione di amore, allora scoprirà di essere amabile, capirà di non averlo percepito, ma comunque di essere amabile. Allora a quel punto riuscirà ad amare se stesso, e ad amare il prossimo nella misura in cui lui stesso si ama, perché avrà tolto quella trave che impediva di vedere. Chi invece non si sente l'amato, non ammetterà mai di non amarsi, ma la colpa sarà sempre dell'altro, sarà l'altro che non riesce a vedere quanto è bello. Attuerà in sostanza quello che in psicologia chiamano "meccanismo di proiezione". Ciò che la persona stessa percepisce, lo proietta sull'altro. Il bambino o anche l'adulto che rielaborando la sua storia scopre di essere amato perché è, ed è amato proprio così com'è, riuscirà ad amare il prossimo come va amato: con libertà e senza compromessi, gratuitamente e senza una ricerca di gratificazioni.
Termino questo articolo raccontando una storia tratta dai "detti dei padri del deserto" che racchiude tutto ciò che ho scritto: C'era una volta un uomo seduto ai bordi di un'oasi all'entrata di una città del Medio Oriente. Un giovane si avvicinò e gli domandò: "Non sono mai venuto da queste parti, come sono gli abitanti di questa città?". Il vecchio gli chiese: "Com'erano gli abitanti della città da cui vieni?". Il giovane rispose: "Egoisti e cattivi, non mi apprezzavano per niente, avevano da criticare su tutto quello che facevo, per loro ero un essere insignificante, sono proprio contento di essermene andato". Il vecchio allora gli rispose: "Gli abitanti di questa città sono proprio uguali a quelli che vivono nella città che tu hai lasciato". Il giovane allora abbastanza sconsolato disse: "Allora proseguirò oltre alla ricerca di una città che mi faccia sentire felice". Poco dopo, un altro giovane si avvicinò all'uomo e gli pose la stessa domanda: "Come sono gli abitanti di questa città?". Il vecchio gli fece la stessa domanda che aveva rivolto al primo giovane: "Com'erano gli abitanti della città da cui vieni?". Il giovane rispose: "Erano buoni, generosi, sempre cordiali, mi volevano un gran bene, ovviamente non ero apprezzato da tutti, ma anche quelli che non mi apprezzavano erano delle brave persone, mi è dispiaciuto molto lasciarli ma spero di trovare delle persone simili a loro". Il vecchio gli rispose: "In questa città li troverai, infatti, gli abitanti di questa città sono proprio uguali a quelli che vivono nella città che tu hai lasciato". Allora il giovane entrò con gioia nella città. Un mercante che aveva portato i suoi cammelli ad abbeverare, aveva udito le conversazioni e quando il secondo giovane si allontanò, si rivolse al vecchio in tono di rimprovero: "Come puoi dare due risposte completamente differenti alla stessa domanda posta da due persone?" Il vecchio rispose: "Figlio mio, ciascuno vede nel prossimo ciò che ha dentro il proprio cuore. Se vede solo buio è perché vede l'oscurità che è presente nel proprio cuore, e questo buio gli si riflette nei volti degli altri, e nelle attività che dovrà compiere. Ma se uno avrà la luce dentro il proprio cuore, ciò che vedrà gli apparirà tutto luminoso e bello, e anche se a volte incontrerà la notte, riuscirà con la luce che emana a illuminarla, e questo accadrà non perché le persone che incontrerà saranno tutte bellissime e bravissime, e neppure perché le azioni che dovrà compiere saranno tutte facili da mettere in pratica, ma perché la gioia del suo cuore invaderà quello delle persone che incontrerà e la pace che ha nel cuore gli permetterà di compiere tutte le azioni con serenità, e quindi potrà superare gli ostacoli ordinari senza arrabbiarsi o scoraggiarsi, perché avrà coscienza di essere amato, perché il primo ad amarsi è lui stesso".
di Fr. Pio Maria della Divina Misericordia (Comunità Mariana Oasi della Pace)
07 Febbraio 2012
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